La crisi dell’università italiana Recensione
Giugno 18, 2023
L’università italiana è stata profondamente colpita da politiche inefficaci e dannose, che hanno avuto conseguenze disastrose sul suo funzionamento e sul futuro del paese. Il periodo in cui Silvio Berlusconi è stato al potere è stato particolarmente nefasto per il sistema universitario, con conseguenze che si avvertono ancora oggi.
Le politiche di Berlusconi, iniziate con i governi di Moratti e Gelmini, hanno privilegiato l’efficientismo aziendalista, la competizione interuniversitaria e la burocratizzazione spinta. Si è imposta una valutazione quantitativa che ha portato a tagli drastici nel finanziamento, con una riduzione di ben 1,3 miliardi di euro all’anno su un totale di 7,4 miliardi. Questi tagli sono stati tra i più severi mai visti, con un impatto devastante sul numero di professori, ricercatori, collaboratori linguistici e personale tecnico-amministrativo. Le conseguenze si sono riflesse anche sulle immatricolazioni e sul numero di laureati.
ricerca scientifica è stata un’azione politica short-sighted e inconcepibile. È un grave errore pensare di salvare il paese distruggendo la sua capacità di progredire e di affrontare il futuro. Queste politiche hanno contribuito a creare un sistema universitario basato sulla precarietà lavorativa, che limita la libertà didattica e di ricerca. Si è creato un ambiente in cui vengono laureati principalmente i figli di coloro che hanno già conseguito una laurea, e paradossalmente, molti laureati e dottori di ricerca cercano opportunità all’estero per mettere a frutto le proprie competenze. È un assurdo sostenere i costi della formazione di lavoratori altamente qualificati provenienti da Germania, Regno Unito e Stati Uniti, mentre si trascurano le risorse interne del paese.
Il disprezzo per la cultura, il rifiuto della riflessione critica e il dileggio dell’originalità del pensiero sono stati costanti durante il periodo di governo di Berlusconi. La sua visione della società è rimasta relegata al livello delle barzellette. L’idea di una scuola basata sulle tre “i” – impresa, informatica, inglese – è stata un’idea ridicola. Secondo questa visione, il compito della scuola non era formare cittadini consapevoli, come invece progettavano i grandi intellettuali italiani, ma produrre lavoratori disciplinati pronti per l’industria. Questo approccio ignora il fatto che il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente e che l’acquisizione di un metodo di apprendimento continuo e di adattamento è ciò che conta davvero.
Berlusconi ha dimostrato disprezzo e ignoranza verso la cultura. È significativo che in un momento in cui l’intero sistema istituzionale si inchina al suo devastatore morale e politico, l’unica voce di dissenso provenga da un’università. L’Università per stranieri di Siena, seppur piccola, ha sollevato la sua voce in maniera garbata ma decisa, rifiutando l’osceno tentativo di trasformare la morte di un leader di fazione in un lutto nazionale. È stata una risposta istituzionale alla provocazione politica di coloro che hanno richiesto l’omaggio della Repubblica al suo distruttore.
La reazione di rabbia dei sostenitori di Berlusconi verso il rettore Montanari, che ha difeso la dignità delle istituzioni, è un tragicomico capovolgimento di ruoli. Ora ci sono coloro che invocano il codice penale contro il rettore, cercando di estendere in modo interpretativo l’ambito della norma sull’inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Tuttavia, tale norma si riferisce a situazioni in cui l’ordine pubblico o l’igiene pubblica sono messi a repentaglio, e non ha nulla a che fare con il lutto nazionale. Inoltre, la decisione governativa di dichiarare il lutto nazionale si basa solo su una circolare governativa del 2002, che non può determinare sanzioni penali.
La risposta del rettore Montanari rappresenta un punto di resistenza e di difesa dell’autonomia universitaria. È grazie a istituzioni coraggiose come questa che la dignità delle istituzioni non è andata perduta. È necessario che gli italiani sgomenti di fronte alla situazione attuale e le alte cariche della Repubblica si uniscano a difesa di una cultura che sia al servizio della società, e non un oggetto di disprezzo e trascuratezza.